Mettere a terra i progetti previsti dal Pnrr

Pubblicazione Originale: Il Giorno ↗


Il più recente rapporto dell’Istat sul tema R&S in Italia, riferito al 2018-2020, si apre con un dato apparentemente positivo: rispetto al periodo precedente, l’Italia ha speso in ricerca e sviluppo 25,2 miliardi di euro, con un aumento del 6% rispetto al 2017. Il tallone d’Achille del sistema della ricerca italiana - e quindi del livello di innovazione del Paese - è la sua scarsa capacità di trasferimento tecnologico e di relazione con le imprese.

Questo deficit ha due conseguenze: (a) la ridotta capacità brevettuale e di innovazione industriale, (b) la scarsità di investimenti e co-investimenti privati nella ricerca, che tipicamente avvengono grazie alla collaborazione con centri di ricerca pubblici. In generale il sistema industriale italiano investe meno di altri Paesi in ricerca ed è caratterizzato da una produzione a bassomedio contenuto di innovazione che penalizza la produttività del lavoro e la remunerazione dello stesso. In questo scenario, il Pnrr riconosce la centralità dell’educazione e della ricerca nel tessuto economico italiano e prevede di dedicare una Missione al rilancio della crescita, attraverso lo sviluppo delle capacità di impiegare e produrre R&S e tecnologia per rispondere alle sfide tecnologiche e ambientali.

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